Ahmed ancora una volta again.

 

Ad Ahmed quella città non piaceva particolarmente.

 

Alla fine le città degli Infedeli si assomigliavano tutte, o quanto meno facevano in modo di somigliarsi per chi non dava loro fiducia.

 

Erano tutte piene di promesse cui nessuno credeva, ma che nessuno aveva il coraggio di contestare. Perchè è vero, facevano tutte schifo, ma quando ti cacciavano con qualcuno dei loro perversi artifici retorici provavi nostalgia.

 

Ma a questa, almeno, si era abituato. E forse lei (chissà) si era abituata a lui.

 

Chissà cosa pensano le città, si chiedeva Ahmed ubriaco di una pesantissima birra scura che quasi stentava a credere non fosse uno scherzo a parte di Canale 5. Chissà cosa pensano quando si sentono espropriate da persone che le percorrono senza un briciolo di amore, senza nulla che assomigli ad un principio di appartenenza, disperate abbrutite incazzate incattivite. Le persone. Ma anche le città.

 

La sua città non lo sopporterebbe.

 

Chiaro che non lo sopporterebbe. Lei è una mamma gatta che morde sul collo i cuccioli meno scantati. Al terzo quarto morso gli si può anche rompere l’osso del collo, e se lo capiscono prima tanto di guadagnato.

 

Lui no, lui non si era lasciato mordere l’osso del collo,

 

L’aveva capito prima.

 

Ricordava ancora l’approdo in quel grande aereoporto dove nessuno aveva fatto troppe domande su un visto turistico che faceva acqua da tutte le parti.

 

Inizialmente credeva che, nel Paese dov’era sbarcato, nulla potesse passare inosservato. Poi aveva scoperto che non era così. Bastava muoversi, fare delle cose poco logiche (che a un disperato riescono meglio che a un ricco) e poteva, ogni giorno con maggior successo e competenza, godere di quei ricchi cascami del benessere che la società degli Infedeli abbandonava.

 

Che quei vestiti, quei cibi, quei computer, quei televisori, quei mobili, fossero veramente stati abbandonati come non più buoni, e quindi degni del godimento da parte degli Ultimi, avrebbe dovuto provocargli un senso di gratitudine. Ma non era così.

 

Godeva dei cascami di un benessere agonizzante e qualcosa gli diceva che era proprio l’agonia ad indurre degli aggiustamenti di coscienza.

 

Nella sua terra il disgraziato innocente era sostenuto dalla comunità fino al reintegro.

 

Ma qui non era così. I ricchi si liberavano di una parte della loro ricchezza per liberarsi simultaneamente del contatto col povero.

 

Allora, anche lui aveva imparato.

 

Aveva imparato a fare il povero quando non ne poteva fare a meno. Una doccia, una settimana di mensa in una città piuttosto che in un’altra, l’accaparramento di tanti di quei vestiti che ben pochi al suo paese si sarebbero potuti comprare, qualche giorno in un dormitorio.

 

Ma poi, di andare a lavorare a delle paghe, con degli orari, con delle assolute mancanze di garanzie che nessun ragazzo del posto avrebbe non dico accettato ma anche minimamente preso in considerazione, non è che ne avesse una gran voglia.

 

Con un po’ più di faccia tosta avrebbe potuto fare il fotomodello (si diceva così, no?). O il concorrente del Grande Fratello, che oltre a fare rima era un po’ la stessa cosa.

 

Ma gli mancavano dei passaggi, nella sua cultura per fare dei soldi bisognava almeno farsi il culo, correre qualche rischio, imbrogliare qualcuno e poi scappare. Non imbrogliare una nazione intera e restare lì a goderne i frutti.

 

Chissà cosa pensavano le città, maledizione, a sentirsi pestate quotidianamente da persone senza una meta, o con delle mete del tutto immaginarie il cui capolinea era due-tre stazioni fuori della realtà.

 

Quando la pallottola del carabiniere lo raggiunse alla testa non provò qualcosa che si potrebbe chiamare dolore. Al dolore era vaccinato. Fece appena in tempo a vedere la felpa coi colori sociali del Parma F.C. imbrattarsi di pezzetti del suo cervello.

 

Gli uomini bianchi dicevano che in questi casi si muore sul colpo. E forse sarebbe stato meglio. Ma Ahmed leggeva molto, e sapeva che i nobili ghigliottinati durante la Rivoluzione Francese facevano in tempo a terminare le loro preghiere anche quando la testa si era spiccata dal corpo. Si fosse almeno ricordato da che diavolo di parte stava La Mecca…

L’ennesimo compromesso

4 Risposte

  1. Non so , lo avevo scritto prima, ma intendevo dire che anche fra gli stranieri esiste la legge di chi conosci, se non conosci nessuno sei niente.

    1. Dimmi chi conosci e ti dirò chi sei. Lei non sa chi sono io, ed è meglio che non se ne accorga a sue spese, caro lei. Pizzarotti non ha nè conoscenze nè appoggi nè agganci, mica come Pietrino Vignali che si faceva fare le leggi ad personam telefonando direttamente a Gianni Letta.

      A volte è meglio non conoscere nessuno e concentrarsi sul sublime esercizio spirtituale noto come “ghnothi tautòn”, “conosci te stesso.

  2. Rara potenza espressiva e felici intuizioni in questo amaro racconto del nostro.
    C’è la città mamma gatta che addestra i suoi cuccioli con morsi sul collo e c’è il capolinea “due-tre stazioni fuori della realtà” dei disperati abitanti della città. Tutti viandanti senza meta in questi tempi bui, e non soltanto gli sfighè, come par suggerire l’autore.
    E c’è il finale crudo con la felpa imbrattata di sangue.
    Assolutamente da leggere.
    lucarinaldoni fanclub di Bologna

  3. Sì, in effetti ci sono molti post che mi sono venuti decisamente molto peggio. Questo, in particolare, non ha seguito la classica scansione dei miei post, che “mi assalgono” e quasi impongono di essere scritti, o quanto meno me li studio e me li assaporo per due o tre ore mentalmente mentre faccio dell’altro. E’ nato così, in una misteriosa interazione fra l’uomo e il suo terminale tecnologico.

    Se dovessi scrivere per obbligo, o per dovere, o per una estrinsecazione narcisistica, credo che mi verrebbero fuori degli incredibili aborti. E non è detto che qualche volta ciò non sia successo, per la terza delle ragioni suelencate.

    Buon agosto.

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