Ogni tanto, dei veri angeli si mescolavano proditoriamente ai City Angels, nella città dal nome dolce come una caramella, si caricavano un clochard addormentato in spalla e lo portavano in Paradiso.
Tale sorte arrise quella notte ad Eufemio Torelli, 48 anni, ex-elettricista, che pisolava sereno nel fragile sonno del senzatetto incompatibile col dormitorio.
Quando si svegliò, tentò di stiracchiarsi, ma senza riuscirci. Un principio di artrite? Una subdola paralisi? Accidenti, pensò Eufemio, devo andare a pisciare che qui ho la vescica piena e me la faccio addosso come quella volta a Milano. Ma… un momento… la vescica era vuota, anzi non dava segno di sè.
Certo però che in sala d’aspetto dovevano aver montato un impianto luci da almeno 2000 watt (lui era arrivato quando le luci erano spente). Ma come faccio a vederle se non ho ancora aperto gli occhi, argomentò con logica cartesiana il Torelli.
E non era mica finita. No no. Dov’era il doloretto sopportabile ma maligno in area lombare? L’ulcera che al mattino lanciava lancinanti muggiti (e che di solito, inopinatamente, si spegneva con un sorso di birra)?
Le sue nozioni ancora vivide di elettricista qui potevano servire ben poco, ma in qualche strano modo Eufemio intuì di essere senza corpo.
Come era potuto succedere?
Va bene che ultimamente in stazione ti portavano via anche lo sfintere anale, ma questa era più grossa del carrarmato americano rubato a Napoli nel ’45.
“Chi si è preso il mio corpo?” pensò solennemente, e già implicitamente pronto ad elevare formale protesta alla Polfer (sì, ma senza corpo ciò poteva presentare delle insormontabili difficoltà). Poi, come una mano carezzevole ma comunque invadente (e il gatto la riconosce come tale e dopo una soffiata d’avvertimento graffia senza pietà) qualcosa penetrò nei suoi pensieri e li bloccò.
Allora Eufemio seppe, o meglio avvertì, che era passato a un nuovo modo di esistere. Un modo piuttosto definitivo… Galleggiò per un tempo indeterminato (ancora non lo sapeva, ma lì il tempo era un fatto molto relativo) in quella sensazione senza farsene sopraffare. E alla fine decise che non gli piaceva.
Molto divertente e ironica nello stesso tempo.Immagino la sorpresa di Eufemio scoprendo di essere in un mondo senza sofferenze.
Le storie di senzatetto mi piacciono molto
adoro i senzatetto, anche se non ne ho mai conosciuto uno. Ciao Riri52
Non hai ancora visto niente. Come dice il titolo, questo è solo il prologo. Continua a seguire le vicissitudini di Eufemio passato di botto dall’Oltretorrente all’Oltretomba e, come si diceva una volta, ne vedeai delle belle!!!
Come un fulmine (di natura sicuramente ultraterrena), la frase finale illumina l’intero brano!
Con la tua consueta perspicacia, unita all’altrettanto caratteristico potere di sintesi, hai colto che il cuore della trama successiva è in questo paradossale inopinato non gradimento di ciò che dovrebbe, in assoluta teoria, costituire il vertice di tutte le gioie. Ma Eufemio è uno spirito libero fino al masochismo, come probabilmente lo è il suo autore (meno di lui, però, meno di lui).
Rirì, come fai a non conoscere dei senzatetto? Io ne conosco moltissimi: con uno sono andata a far colazione in un bar del Pavaglione (non avevo spiccoli da dargli e lui diceva di aver fame), suscitando la discreta, ma palpabile curiosità di baristi e avventori. Di recente poi, in occasione del TDay, o come si chiama, la domenica senz’auto e purtroppo anche senza autobus, ho percorso a piedi tutta strada Maggiore in compagnia di un uomo che si portava un fagottello in spalla retto da un bastone, il quale intanto mi ha dispensato molti consigli di sana alimentazione (niente carne, il latte è per i bambini…)
Da quando son diventata vecchia, anch’io mi sento in qualche modo emarginata e fraternizzo volentieri coi miei simili. Leggete a questo proposito Non è un paese per vecchie di Loredana Lipperini. Interessantissimo. Ne ho dovuto sospendere la lettura perché troppo deprimente. Ma la cosa non riguarda te, cara Rirì, che sei ancora nel fiore degli anni, come si dice.
Buon Ferragosto a te, se leggerai, al nostro ospite e all’amico Franz.
I senza tetto non sono poi una categoria così omogenea e riconoscibile; con tutto il rispetto, assomigliano ai gay, nel senso che alcuni sono plateali e autoironicamente plateali, tantissimi altri ti sfiorano al bar e puoi riconoscerli dalla tristezza con cui si separano dell’euro e 40 di un cappuccino che tu versi con baldanzosa sicumera. Più che una categoria sono una collezione, come gli Italiani che (secondo Ennio Flaiano) si credono un popolo ma sono, appunto, una raccolta di etnie ormai incontrollabile.
Verissimo! Una mia amica che prestava servizio come volontaria presso un centro d’ascolto per senzatetto, qualche volta per strada me ne indicava qualcuno, divertendosi al mio stupore di fronte a signori tanto ben vestiti e distinti.
Leggerò con calma il prosieguo della saga di Eufemio.
Buonanotte.