C’è chi festeggia San Valentino sparando alla morosa.
Non ho presente quanta e quale importanza abbia la suddetta festività in Sudafrica, bellissimo paese (specie ora che è stato liberato dall’oscena macchia dell’apartheid e, per una di quelle riconversioni tipiche della storia umana, parrebbe essere diventato un importante laboratorio di convivenza e integrazione fra le etnie, per carità non fatemi usare la parola “razza” che per me è solo un armonioso bellissimo pesce protagonista di bellissime riprese subacquee di Folco Quilici) sulle cui usanze e costumanze ho meno informazioni di quante non ne abbia sulla Gran Bretagna e gli Stati Uniti, a cui il Sudafrica assomiglia ma fino a mezzogiorno.
Nè credo che Pistorius (che da oggi entra nella cronaca nera come il suo quasi omonimo Pastorius, massacrato da un buttafuori tanto da arrivare in ospedale ancora vivo con un occhio fuori dall’orbita) avesse presente la ricorrenza nel momento in cui ha ritenuto opportuno concludere una lite con la propria partner a colpi di rivoltella.
Così impara ad essere una donna, deve aver pensato.
Pistorius come Pastorius, in quella strana magia delle assonanze su cui Freud ha scritto delle pagine di assoluta bellezza letteraria, quando la psicoanalisi era ancora un materiale giovane caldo (e per molti assolutamente scandaloso) e non un banale rumore di fondo della nostra stanca civiltà in cui Dio è morto e anche il Papa ne prende sconsolatamente atto.
Cogliamo questo scherzo del caso, e ricordiamoci per un attimo quello che accomuna questi due personaggi. Se Paolo Rossi è riuscito a trovare similitudini fra Charlie Parker ed Evaristo Beccalossi e a costruirci molte delle sue fortune di comico, fra Oscar e Jaco ne esiste qualcuna in più.
E la struttura che connette, per usare un concetto a me carissimo, queste due vicende è l’emergere dell’entropia, del destino beffardo, della nemesi da sotto una coltre di dolcezza, simpatia, coraggio e genialità.
Jaco Pastorius è stato il più grande bassista della storia senza possibilità di confronto: da Jack Bruce a John Entwistle, da John Paul Jones a Tim Bogert, da Paul Mc Cartney a Sting, da Greg Lake a Tony Levin, loro erano in piena zona Champions ma Jaco era semplicemente in una categoria siderale con n=1. Con uno strumento umile e sacrificato (che in alcuni pezzi dominati dal metallo urlante delle chitarre si intuisce più che sentirsi) ha fatto delle cose che attengono più alla magia che alla tecnica.
Ha trascorso gli ultimi mesi della sua esistenza vagabondando come un homeless senza arte nè parte, con un’ubriachezza full-time, pateticamente cercando di salire sul palco dei concerti degli ex-colleghi fino a fare la fine sopra ricordata.
Oscar Pistorius è stato (e continuerà ad essere nonostante tutto) un simbolo ed un esempio per qualunque disabile non voglia arrendersi all’evidenza della sua menomazione e possa e voglia sfidare la natura e il destino perché l’handicap collegato alla disabilità venga ridotto fino a scomparire o fino a diventare, alla fine, quella “diversa abilità” che a volte è un contentino ipocrita che tacita i nostri sensi di colpa, ma altre volte è un incontrovertibile dato di fatto.
Tra parentesi: nè più nè meno come nessuno sportivo sopravvissuto a un tumore deve togliere, secondo me, la fotografia di Lance Armstong dal comodino.
Ha probabilmente concluso la sua epopea di eroe post-moderno, di bladerunner reale e non immaginario, vendicandosi a colpi di pistola di una donna troppo bella, troppo energica, troppo adulta, troppo tutto che lui sostiene di aver scambiato per un ladro (e la giustificazione mi sembra una specie di lapsus sintomatico di una verità nascosta).
Ennio Flaiano diceva che tutto si perdona agli altri meno che il successo. Ma Oscar e Jaco ci dimostrano che, in talune circostanze, non lo si perdona neppure a sè stessi.
Il guaio nasce quando si crede di aver trovato un eroe, un esempio da seguire e scopri che come tutti h i suoi bei problemi. Da Amstrong a Pistorius. Non è solo la delusione ma la cancellazione del senso di potenza che questi eroi, in pubblicità, hanno fatto credere di possedere. Illusioni e anzi inganni. La scusa del furto non tiene e quella del tumore nemmeno. Ciò che si perde è la forza di combattere e credimi, ma forse lodai, è una delle nostre risorse. Ciao e buon W.K. Riri52
Gli eroi, quando li guardi veramente negli occhi, odorano in modo sconfortante di umanità e indulgono a vezzi, vizi e costumanze banali e stucchevoli. Meglio lasciarli, a volte, nell’empireo iperuranio della loro leggenda.
Dalla quale a volte, però, vogliono scendere da soli come se il viaggio facesse loro venire un principio di vertigine.
In perfetto stile rinaldoniano, ci guidi a spasso fra le affinità (poco elettive) di personaggi e campi della realtà assai diversi.
Interessante, in particolare, quell’intuizione sull’alibi freudiano.
Solo una piccola perplessità sulla convivenza pacifica e felice delle etnie in Sudafrica, poichè ricordo di avere ascoltato un reportage, diversi anni fa, che raccontava di famiglie di ricchi bianchi barricati in case superprotette da complessi sistemi d’allarme, ad evitare l’intrusione (a proposito di ladri…) di rappresentanti della popolazione nera che un tempo si sarebbe definita sottoproletariato.
Salutone di ottima e …proficua settimana pre-elettorale.
Noterai, caro Franz, che nel mio italiano apparentemente ridondante ma in realtà incline ad una certa precisione concettuale, mi sono srvito del termine “parrebbe”.
Chi è venuto a trovarmi a Parma qualche mese fa sa che, nel pieno cuore dell’Oltretorrente, c’è una associazione per l’integrazione che assorbe e coinvolge migranti da tutti gli angoli del mondo (la percentuale di stranieri a Parma è del 14% contro il dato nazionale del 6,35%, vicinissimo alla primatista Brescia col 16%).
Molti considerano quella associazione il fiore all’occhiello del quartiere, qualcun altro ci metterebbe una bomba. Così come molti si entusiasmano per una Parma multietnica che ormai assomiglia a Londra, Parigi, Amsterdam (in quante lingue le reclames) e qualcun altro rimpiangono una Parma dove già l’arrivo di un reggiano faceva sensazione.
L’integrazione fra le etnie è sempre diffcile, controversa e tutt’altro che scontata.
E il Sudafrica è un paese dalle mille contradizioni, come lo stesso tristissimo episodio dello Zanardi dell’emisfero australe non può non dimostrare. Sperando di non scoprire un domani che magari perfino Alex evade le tasse e abbandona i cani in autostrada.
Un eroe, un mito per molti disabili, peccato il suo animo sia scivolato nelle bassezze umane, forse un raptus di gelosia, chissà?
Complimenti per questo articolo.
un affettuoso saluto
annamaria
Un blog non è un sito di approfondimento tecnico-scientifico, anzi spesso è solo il teatro di uno spontaneistico ed informale bisogno di esprimersi e comunicare (almeno, il mio è esattamente questo e nulla più), ma la vicenda di Oscar meriterebbe importanti considerazioni sulle ipercompensazioni che il successo offre a chi, in precedenza, ha avuto delle sventure più o meno tremende.
In questo senso, il parallelo più intrigante che verrebbe da fare non è tanto con Lance Armstrong (che ha avuto la sua “sventura”, peraltro completamente e felicemente superata, mentre al buon Oscar nessuno farà ricrescere le gambe, quando il successo lo aveva già largamente raggiunto, anche se le cose migliori le ha fatte dopo, ma oggi tutti sappiamo con quali illeciti “aiutini”) ma, a pensarci bene, con Mario Balotelli, “figlio in prestito” fino alla maggiore età, lacerato fra due mondi, palesemente convinto che se non è il primo a provocare saranno gli altri a farlo con lui.
Quanto al raptus di gelosia, scegliersi una donna troppo bella, troppo celebre, troppo vistosa, probabilmente troppo indipendente, quando forse l’esigenza più profonda sarebbe quella di avere una donna bella il giusto, indipendente il giusto, nè celebre nè vistosa ma semplicemente desiderosa di metterti al centro dell’universo come tu intendi fare con lei, è come comprarsi un SUV da 90.000 euro quando puoi cavartela benissimo con una vecchia Punto.
Ma se sei un VIP non puoi farti vedere in giro con la ragazza della porta accanto.