Archivi Mensili: marzo 2013

Cantautoropoli

Quasi nessuno lo sa, ma da tempo i PM di tutta Italia stanno indagando su uno stranissimo giro di telefonate che qui di seguito solo io in tutta Italia sono in grado di riverlarvi.

antonello_vendittiIntercettazione n.1. Nel luglio 2005 Antonello Venditti, dopo essersi presentato come “il camerata Venditti”, cerca di avere l’intercessione di Gasparri perchè la sua Dimmelo tu cos’è diventi la sigla del nuovo originalissimo programma di Jocelyn L’oggetto misterioso. Venditti supplica e implora, Gasparri si lascia scappare un “se po’ ffà”, ma poi la trasmissione non va in porto e Venditti deve tornare al piano-bar di Via Merulana.Contattato da Chiambretti, Venditti giura e spergiura che si è trattato di uno scherzo di Guzzanti e che solo Gasparri ci poteva cascare. Comunque Guzzanti si beccherà una bella querela

caricatura_antonello001395

 

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Intercettazione n.2. Nel marzo 2006 Francesco de Gregori telefona ottanta volte a Piersilvio Berlusconi dopo che il Piersi ha citato la sua Buonanotte fiorellino fra le canzoni che gli cantava il babbo per farlo addormentare (trasportare tutte le sere il piano a coda nella sua cameretta era una vera tragedia) e cerca di sfruttare la situazione per avere Rimmel come sigla di una nuova serie di Nonsolomoda. Dopo un’estenuante trattativa, de Gregori riesce a piazzare la sua La donna cannone come lancio della pubblicità di una fiction sulla vita di Nadia Rinaldi, nella parte che dice Non torneremo piùùùùùùùùùùùùùùù alludendo alle remote possibilità che i telespettatori non cambino definitivamente canale. Braccato da Enrico Lucci, prima Francesco gli spacca la chitarra in testa, ma poi impietosito gli confessa che a telefonare non era lui, ma David Riondino, e che solo Piersilvio ci poteva cascare. Comunque Riondino si beccherà una bella querela.degregori

VISION - MUSICA: MORTO LUCIO DALLA, COLPITO DA INFARTOIntercettazione n.3. Nel giugno 2006 Lucio Dalla si alliscia Luca Giurato per mettere la sua Aquila come sigla di Unomattina. Luca Giurato rilancia per Volpe o per Faina, ma Dalla ha a disposizione come alternativa solamente Il toro e non se ne fa niente. Scovato da Fabio Fazio mentre va a travestiti sulla tangenziale di Bologna, il poliedrico compianto artista felsineo nega tutto e sostiene che si trattava di Max Tortora, e che solo Giurato ci poteva cascare. E comunque Max Tortora si beccherà una bella querela da Marco Alemanno, e con quel cognome lì meglio che badi a quello che fa.IMG_9120

Programma televisivo Che tempo che faIntercettazione n.4. Nel gennaio 2007 Zucchero molesta a più riprese l’ambasciata del Kuwait per far adottare Dune mosse come loro inno nazionale. L’integerrimo funzionario impone come clausola che Delmo da Roncocesi rinunci per sempre all’alcool, e l’affare si arena. Intercettato da Gianni Fantoni, i due vengono alle mani perchè Zucchero ha avuto la soffiata che era stato Fantoni stesso a spacciarsi per lui, e che solo un funzionario dell’ambasciata del Kuwait poteva cascarci. Comunque i due si quereleranno a vicenda fino alla fine dei loro giorni.zucchero

paolo-conteIntercettazione n.5. L’altro ieri Paolo Conte ha proposto La ricostruzione del Mocambo come inno ufficiale del morente Partito Democratico. Purtroppo non era un’imitazione di Stefano Bollani, e Bersani se la sta già canticchiando nel suo tinello maròn con dei trionfali Non siam mica qui a cantare “Io te e le rose tra una strofa e l’altra.default

Dagli archivi di Leonardo. Il ritorno di Devadip.

Devadip ormai guardava il mondo dall’alto della sua snobistica aristocrazia e dal basso delle sue concrete realizzazioni: la sua missione sulla Terra era miserrimamente abortita. Doveva portare l’appagamento esistenziale e sessuale nella vita di una piccola graziosa signora di mezza età, dal convenzionale nome quasi sanscrito di Atlevadit, per poi garbatamente scomparire prima che il tutto degenerasse in una convivenza con drammi paraconiugali per lo scorretto schiacciamento del tubetto del dentrificio (e comprarne uno di plastica?). Invece, probabilmente per le mancate indicazioni in cabina di regia del suo mentore Sheeva, divinità ogm con cromosomi statunitensi ed ucraini, si era messo di traverso ed aveva completamente infranto i limiti della sua missione, era andato fuori tema, si era per così dire umanizzato diventando volgarmente geloso, squallidamente possessivo, goffamente intollerante e alle volte perfino coprolalico.

Per cui Sheeva, una volta esaurito il Consiglio d’Amministrazione con Brahma e Vishnù (durato circa dieci minuti celesti ma ben due anni terrestri) si era trovato davanti il suo droide-avatar Devadip completamente fuori controllo. Umanizzato, dedito alle bevande alcoliche, al tifo calcistico, all’ascolto di profano prog-rock anni ’70, e soprattutto preda di un grottesco equivoco per cui, in assenza totale di indicazioni dall’alto, si era incapricciato di una villanella malsana dal purulento ventre e dai modi inurbani, mentre la delicata damigella che col suo mantra durante un corso di reiki aveva indotto Sheeva a produrre con atto creativo n. 86/2006 l’oggetto dei suoi desideri (per l’appunto, il nostro Devadip) attendeva paziente un uomo che “le parlasse e la possedesse” (anche se lei aveva usato un’espressione un po’ più esplicita che qui non possiamo riportare).

La reazione di Sheeva, già irritato per le reprimende dei soci Brahma e Vishnù (che lo accusavano di essere un po’ troppo distruttivo, ma non era quello il suo ruolo nella filosofia-religione induista? Quando la gente è prevenuta non c’è niente da fare…) era stata molto brusca e sgarbata: privato di tutti i suoi privilegi di semidio, il povero inconsapevole inconsistente inconsulto Devadip era stato condannato a concludere la sua esistenza come un comune mortale. E che con la damigella di mezz’età se la strigasse lui, visto che anche lei non si capiva cosa Buddha volesse.

E da quel momento il povero Devadip, creato alla fine del 2006 con 49 anni di memorie posticce da italiota standard, aveva saputo di essere un semidio, ma nel momento stesso in cui perdeva tutti i privilegi connessi alla sua condizione.

Mescolato da quel momento in poi ad una umanità rumorosa e sudaticcia che gli provocava un misto di sgomento e attrazione per l’abisso, aveva vissuto come poteva alternando rari momenti di intensa grandezza a reiterati momenti di totale squallore.

Alla gelida perfezione della sua missione aveva un po’ per amore e un po’ per forza sostituito la calda imperfezione della sua permanenza terrena. Ma quanto meno, non era tornato 25 volte con la villanella malsana nonostante reiterati inviti telefonici da parte di quest’ultima. Solo mezza volta, e riuscita malissimo.

Sul fatto invece di concludere la sua esistenza nelle esotiche vesti di missionario laico ricordato post mortem come Barombo Tazombo (Uomo Bianco Che Quando Parla Non Si Capisce Niente Ma Suona Tanto Bene), quello poteva ancora succedere.

 

Modesto quasi vergognosamente banale tributo a Lucio Dalla. Con qualche citazione ad assorbire la commozione.

sovversivi-1967-dalla

 

Mi piacerebbe compilare un post degno di Lucio per fargli capire (dovunque si trovi, o meglio se si trova ancora in qualche posto o se continuano ad esistere di lui solo delle energie possenti quanto impersonali che però non sono più Lucio) quanto è stato duro questo anno senza lui (ma è meglio che ce ne facciamo una ragione perché è stato il primo di una serie infinita) e quanto “l’anno che è venuto” è stato finora denso di fatti straordinari e imprevedibili (compresa una caduta di meteoriti che non avveniva, in modo così plateale, da 105 anni). Non ci riuscirò ma almeno ci ho provato.

219px-Guccini1970Un anno senza Lucio. Stavolta davvero non è un luogo comune, non diciamo “un po’ retorici che sembra ieri” (ma nella canzone di Guccini di anni ne erano passati 25), resta l’impressione indelebile di Piazza Maggiore strapiena, dell’intreccio fra il sacro e il profano, di quella cerimonia così pesantemente cattolica che non sono del tutto sicuro coincidesse perfettamente con quello che Lucio desiderava, di quel popolo multicolore e assolutamente trasversale fatto di persone che “senza conoscersi, di città diverse, socialmente differenti cantavano la loro proposta”.I%20Giganti%202

Un popolo che un anno fa avevo dipinto con il flulminante incipit della carriera di Lucio paroliere: “Siamo noi, siamo in tanti, ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti”, quando si era emancipato dall’egemonia culturale di Roberto Roversi dopo avergli amichevolmente rubato qualche minimo retrogusto, novello Prometeo in questa occasione per fortuna non vittima della vendetta degli dei per il proprio eccesso di hybris.

Chiedo scusa se ho parlato di Lucio. Non nel senso di un discorso, quello che mi veniva.

Perché non ho visto mai nessuno buttare lì qualcosa e andare via.

gg

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Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

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