Archivi Mensili: ottobre 2013

La machìna d’al temp – Il Libero Ducato di Parma

6DhqqlbU_Sondgo_la_citta_del_futuro3[Vediamo un po’ come ce la caviamo col riassunto delle puntate precedenti: potremmo limitarci a dire che un esperimento di traslazione temporale dall’esito imprevisto ha trasferito un intero condominio di Parma, quartiere Oltretorrente, dall’autunno 2028, che di suo sarebbe già nel futuro ma un futuro ancora dietro l’uscio, all’estate 2079 che come futuro è un attimino più in là. I coniugi Bolsi, avvocato di successo lui e sostanzialmente ex-escort lei che secondo me si era anche capito, escono disorientati e in stato semiconfusionale di casa e si trovano proiettati in un avvenire (che futuro mi sembra di averlo già detto tre volte) che si presta ad una difficile decifrazione, il tutto sormontato da una enigmatica scritta nel cielo che recita Libero Ducato di Parma, 16 luglio 2079. E tanto che ci sono devono subito cavarsela con una guardia comunale, anzi in questo caso ducale, del futuro, ma in tutto e per tutto stronza e bastarda come quelle di qualche decennio prima.]

starsky e Hutch

“Francamènt an cred miga ed savèr chi si, vuètor dù. “.

“Mi a so’ l’avocàt Bolsi e costa chi l’è mè mojera; a stem’ma ‘d ca’ chi sòra”

“Sempor par parlèr francament, c’la ca’ lì a’m ricord miga ch’l’a gh fiss prima d’adésa. E am piasriss ed sentìr parlèr anca la siòra.  Mo miga chi in strèda.”.

[ “In tutta sincerità non mi sovviene nel modo più assoluto di avervi nè visti nè conosciuti”. “Io sono l’avvocato Bolsi e la signora qui presente altri non è che mia moglie. Abbitiamo in questa house, vero…”. “Giustappunto. La presenza di codesta casa non mi risulta. E vorrei sentire qualche parola dalla viva voce della di lei presunta consorte. Ma non qui in mezzo alla pubblica via, bensì in qualche comoda e discretta saletta del Centro Municipale di Controllo ed Espulsione .”].

Abituato ad aspettarsi l’inatteso (e a riciclarlo in banale) in ogni singolo momento della sua vita, l’Avvocato Aureliano Bolsi, pressoché in automatico, aveva risposto a tono a un figuro vestito come Jeeg Robot, a bordo di una specie di scooter volante, e che si esprimeva, o per meglio dire cercava di esprimersi come il pupazzo Bargnocla (giacché al suo orecchio esperto ed allenato non sfuggiva un leggero strascico di cadenza piacentina). Ben consapevole, peraltro, che la situazione era talmente particolare e misteriosa da rendere impensabile qualunque strategia oppositiva o ribelle.

“Gnìm a drè, par piasèr…”.

[“Abbiate la compiacenza di seguirmi senza tentare la fuga, comportamento che trasformerebbe un semplice controllo in una operazione di soppressione cautelare…”].

L’avvocato Bolsi per decisione autonoma, Dolores perché nei casi dubbi la programmazione neurolinguistica le imponeva di uniformarsi alle mosse del capo branco, seguirono il futuristico tutore dell’ordine senza frapporre alcuna resistenza.

Mentre la mente di Dolores era prudenzialmente (e, anche se spiace dirlo, opportunamente) vuota di pensieri, quella di Aureliano ribolliva come una bronza di fagioli prossimi alla lessatura. Certo, tutto questo poteva essere una gag del nuovo programma “Scherzacci del cazzo” che spopolava su Cannellone 15, la rete preferita dalle casalinghe di Voghera e dalle commesse di Vigevano. Era o non era stato, un ignaro ragioniere dell’Ufficio Catasti & Accatastamenti di Imperia, colto da infarto mentre veniva rapito da finti alieni e condotto in una perfetta copia del Pianeta Aldebaran XVI? E non si era allora talmente impennato l’audience  da mandare in tilt quasi tutti i congegni di rilevazione istantanea e generalizzata?

Alla fine Bolsi tentò un approccio informalmente corruttorio, e accostandosi con fare noncurante all’orecchio del presunto tutore dell’ordine bisbigliò “Io guardo sempre la vostra trasmissione e la trovo discreta. Vi faccio presente che sono un brillante attore dialettale nella compagnia Al smaflòn, conosco a memoria il metodo Stanislavskji e sono comparso più volte in alcune televisioni locali. L’attacco di questa scena è venuto spaventosamente fiacco e se mi date l’opportunità di rifarlo non avrete modo di pentirvene, evèro…”. Ma sfortunatamente la reazione del Bargnocla-Jeeg Robot non fu quella sperata.  “Am dispiès bombè mo an poss miga fèr ètor” [“Non ho parole per esprimere il mio dispiacere e la mia profonda costernazione, ma di fronte ad una prolungata espressione in lingua estera debbo procedere nei Suoi confronti a un’immediata immobilizzazione, che comunque non Le provocherà dolore alcuno, al massimo un po’ di prurito sotto le ascelle, che capita a tutti anche se nessuno ha mai saputo spiegare il perché…”] proferì l’ambiguo bucefalo prima di immobilizzare l’avvocato con un raggio paralizzante.

“Mi sa tanto che non siamo su ‘Scherzacci del cazzo'” si trovò a pensare Aureliano, mentre il suo immobilizzatore lo caricava sul portapacchi del suo scùter con insospettabile forza ed agilità. Dolores non ostentava reazioni di sorta, solo un leggero sussulto ci lascia intuire che la sua tendenza a dipendere si era istantaneamente spostata dal marito alla Guèrdia Duchèla Aristide Giannozzi, che era diventato (per i di lei eterocentrati equilibri di personalità) capobranco a tutti gli effetti.

(continua)

Aureliano e Dolores.

possible

[Questo pezzo dovrebbe far parte di un racconto più ampio che si chiama “La màchina d’al temp”, che sta riscuotendo un lusinghiero insuccesso di pubblico e di critica. Ma, per la gioia di chi, come per altro anche il sottoscritto, odia i riassunti, si può leggere come un raccontino a sè stante. Con la semplice premessa che Aureliano e Dolores sono una coppia del 2028 che si trova d’improvviso proiettata nel 2079 e cerca di darsi un adeguato contegno. Buona lettura.]

2079Per merito, colpa o semplice responsabilità oggettiva della capricciosa màchina,  tutto il civico 41 di Via Alberto Bevilacqua, a mo’ di navicella del tempo, si era spostato in avanti di 50 anni, e dopo qualche sussulto, senza una ragione particolare, si era assestato sulle 10.32 del 16 luglio 2079.

Una macchina meglio concepita e di maggiore potenza avrebbe potuto tradurre gli ignari condòmini nel 100.000 esatto; una peggio concepita e di minor potenza li avrebbe potuti tradurre nel millenovecentoquattromilatrè, a San Gregorio, ed entrambe le ipotesi sarebbero state sostanzialmente meno favorevoli.2079 (1)

I coniugi Bolsi rimiravano la scritta nel cielo Libero Ducato di Parma, 16 luglio 2079  con differenti atteggiamenti:  l’avvocato con frenetica curiosità professionale, rapidissimamente percorrendo nella mente le possibili origini e i possibili motivi di quella scritta inaspettata e cercando di capire come e quanto potesse guadagnarci sopra cifre significative; la di lui moglie, invece, col sincero disagio che riservava a qualunque cosa non fosse prevista e preparata con congruo anticipo (16 luglio 2079? Dio mio, e cosa mi posso mettere adesso?).

Aureliano-Rom-Aussenansicht-1-43777Nè l’uno nè l’altro potevano dirsi terrorizzati o anche solo spaventati . Il XXI secolo (nel quale la signora aveva passato quasi tutta la vita e l’avvocato più della metà) li aveva abituati, e in un certo senso addestrati, a questo continuo gattopardesco cambiare perché nulla cambiasse. Forse erano preoccupati, ma questo gli capitava costantemente. I coniugi Bolsi erano preoccupati di non avere abbastanza soldi, o di averne troppi e di vederseli tirar via dall’ennesima patrimoniale, o di non sapere in quale banca estera nasconderli [ah! quando la Svizzera era la Svizzera, prima di firmare nel 2025 il T.A.T.T.O. (Trattato di Assoluta Trasparenza Trasversale Obiettiva)…] o di non sapere come investirli e vederseli corrodere da un’inflazione perennemente in doppia cifra come un pivot dell’NBA. Erano preoccupati di non essere nei posti giusti nei momenti giusti con le persone giuste, magari lui col calzino bianco corto e lei con le calze a rete impercettibilmente strappate. Erano preoccupati e addirittura inorriditi di poter malauguratamente essere e non apparire (diobono, e a cosa sarebbe servito?). Erano preoccupati di non muoversi abbastanza velocemente e di non comunicare abbastanza fragorosamente, ogni momento di quiete e di silenzio si colorava immediatamente di mortifere angosce.

Da perfetto tuentifersentrischizzoidmèn, Aureliano Bolsi aveva creato una sottile ma impermeabilissima intercapedine fra il suo Io (che, rinchiuso nei meandri della sua psiche ipersemplificante soffriva spesso di crisi di solitudine) e il suo protuberante superespanso megalomanico Sè.

Dolores Pereira Dos Santos Que Pagam O Meu Almoço forse un Io non se l’era mai potuto permettere, e probabilmente non possedeva neppure memoria e desideri, nessuna freccia che conducesse verso un passato che si chiudeva dietro i suoi piedi a ogni passo, o verso un futuro che comunque stessero le cose non dipendeva da lei. Garrula e fintamente felice, viveva in un eterno presente, un presente sintetico che non contemplava ipotesi di malattia (la peggiore delle quali era il pensiero) e di degenerazione.

Ora erano lì, di fronte a un plateale colpo di scena che li avrebbe dovuti costernare e traumatizzare, ma invece sostanzialmente li infastidiva.

Dolores non aveva prodotto uno stridulo lacerante ululato per paura (gli psicofarmaci di ultima generazione, che venivano quotidianamente immessi direttamente fra le sue sinapsi  da un dispenser impiantato fra il midollo allungato e la prostaferesi contorta, le impedivano di provare delle vere emozioni) ma semplicemente perché la sua programmazione neurale l’aveva immediatamente selezionato come reazione adeguata ed appropriata.

L’Avvocato Aureliano Bolsi, viceversa, in quanto mensilmente testato dai neuropsichiatri dell’Ordine, aveva la facoltà di sopravvivere senza nè psicofarmaci nè programmazione neurale, cosa che gli permetteva di esercitare con successo la professione forense. Fosse mai capitato che il test mensile avesse rivelato in lui un pensiero troppo creativo o una perniciosa predisposizione a coltivare opinioni personali, sarebbe stato immediatamente  destinato a un tranquillo lavoro di passacarte al Ministero della Pubblica Disinformazione. Del resto, la maggior parte degli imputati preferivano farsi difendere da un algoritmo informatico multilivello: il livello 0, gratuito, si appellava alla clemenza della corte; il livello 18, che poteva essere acquisito a transazione privata e segreta da pochi privilegiati, rendeva afasici i Pubblici Ministeri e totalmente indulgenti i giudici.

Col suo vorticoso e banalissimo tachipsichismo, quello che gli consentiva di completare il Sudoku Serial Killer 81×81 della Settimana Illogica in cinque minuti e trentadue caffettino compreso, l’Avvocato dispiegava e valutava le diverse ipotesi esplicative del bizzarro fenomeno.KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERA

Quella che avrebbe preferito (aiuto! Uno sbilanciamento nel pensiero soggettivo-emozionale, allora l’espressione venga seduta stante corretta in “quella che prometteva di rendergli di più”) era che la scritta che brillava e pulsava nel luminoso cielo estivo fosse un’ingegnosa trovata pubblicitaria illegale. E Aureliano riusciva quasi a quantificare quante querele ci sarebbero state, quante richieste di risarcimento per concorrenza sleale, quanti ricorsi, quante cause civili, penali e sommarie ci sarebbero state; e già immaginava i suoi collaboratori in giro per l’Italia a promuovere cause, organizzare processi, corrompere giudici, distribuire bustarelle ed istruire falsi teste a carico, a discarico e a somma zero.

Ma quando un elegante velivolo a propulsione antigravitazionale gli si accostò dicretamente, senza emettere nè rumori nè alcun tipo di odore, Aureliano prese in serissima considerazione un’ipotesi per lui meno vantaggiosa ma, a quel punto, del tutto proponibile e ricevibile: che si trovasse davvero nel 2079.

La màchina d’al temp. Cosa succede giù in strada?

    [I riassunti sono tediosi e generalmente insopportabili. Chi vuole scorra a volo d’uccello le puntate precedenti, facilmente raggiungibili, e si faccia un suo riassunto personale. Chi invece vuole leggere codesto post come un raccontino a sè stante, faccia pure. Chi non vuol fare alcuna delle due cose e non vuol scegliere, come Asino di Buridano, fra le due opzioni, spenda altrimenti il suo tempo. Gliene porterò gratitudine imperitura.]1294981-bradbury

Una teoria scientifica che mi sto inventando sul momento sostiene che le persone reduci da un evento fortemente traumatico e totalmente inatteso maturano reazioni cognitive difensive ingenti, tali da impedire loro la drammatica insorgenza di una crisi psicotica; reazioni difensive di tipo negazionale, rimozionale, eccezionale, congiunturale e assolutamente speciale.

caffe-scientifico-note-di-un-secondo-incontro-L-wSBfDIReazioni tali per cui l’evento fortemente traumatico e totalmente inatteso, quanto più bizzarro e anomalo tanto più forte la reazione difensiva, viene ignorato e sagacemente, pacificamente, curiosamente incapsulato nel normale flusso degli eventi, divenendo quasi tautologico ed autoevidente come un’alba, un tramonto, un rintoccare di campane all’ora della Messa, un ritardo dell’Intercity per Milano, un’intemperanza di Balotelli.

Proprio questo stava capitando nel civico 41 di Via Alberto Bevilacqua nell’Oltretorrente Parmigiano, in una normale serata autunnale che era diventata di colpo una mattinata estiva ma lo si sa, non ci son più le mezze stagioni e in fondo una volta qui era tutta campagna come per Via Gluck a Milano che oggi è quasi in centro storico.

Un sofisticato meccanismo di suggestione di gruppo e di canalizzazione psicoenergetica aveva rediretto la tensione liberata dall’evento in direzione del capro espiatorio per antonomasia del palazzo, Aristodemo Cavatorta, ex-geometra del catasto che da almeno sei mesi sembrava “aver perso il lume della regione” (come sosteneva la signora Argia Guazzi specializzata in pettegolezzi condominiali che spesso degeneravano in vere e proprie inchieste stile Commissario Maigret), non si tagliava più i capelli e li pettinava all’indietro alla Albert Einstein o, più nostranamente, alla Antonino Zichichi, usciva poco e con fare circospetto e trafficava nella sua maleodorante soffitta a chissà quali imprese parascientifiche.Clarke_sm

Qualunque cosa fosse successa doveva essere per forza colpa sua.

E nella realtà lo era, ma nessuno avrebbe potuto dimostrarlo.

Riavvolgiamo un attimo il nastro, come avrebbero detto nel XX secolo, o altrimenti limitiamoci a spostare indietro di qualche millimetro la coppia laser-sensore ottico che si fa anche molto prima. E forniamo magari qualche ulteriore informazione non ancora offerta al gentile pubblico.

La màchina faticosamente assemblata da Aristodemo avrebbe dovuto produrre una bolla temporale che l’avrebbe avvolto, l’avrebbe destrutturato per ristrutturarlo con precisione esattissima nel tempo futuro voluto. In caso di imprecisioni anche minime, dal processo di traslazione spazio-temporale sarebbe fuoriuscito un mostruoso amorfo ammasso di tessuti biologici forse ancora vitale e non necessariamente molto più brutto, ma sicuramente altra cosa da Aristodemo.

howardlovecraftQuanto a traslarsi nel passato, come ogni buon lettore di fantascienza o di divulgazione scientifica (i due generi spesso si confondono e sfumano l’uno nell’altro, ma questa non è occasione adeguata per approfondire e sviscerare la curiosa faccenda) non può umanamente non sapere, esistono insormontabili problemi di paradossi temporali che, di fatto, impediscono il passaggio.

Per essere avvolto, processato (nel senso informatico del termine, per quello civile-penale c’era sempre tempo), destrutturato e ristrutturato nel futuro, Aristodemo avrebbe dovuto sedersi nell’apposito seggiolino e premere l’apposito pulsante.

Ma, per uno di quegli accidenti che il caso spesso propone agli umani (fino a spingerli a credere che la realtà abbia un qualche tipo di senso compiuto), la màchina si era messa in moto da sola per un anomalo afflusso di corrente elettrica mentre Aristodemo, scoraggiato ed avvilito, apriva lo sportello del suo vecchio frigorifero del 2012 per farsi uno o più (ma opteremmo per n>1 e tendente ad infinito) consolatorii cicchetti.SXCAMG30LBCAN5II7QCAXGJOG2CA24D02HCAXTYKHMCA5IEPH9CALQH2RHCAE99X51CAOPPLMRCA4BSJDDCA8OKAOSCAGZJ66UCAPNG8NSCAKKJ2F7CAH1IFKICAV8IN20CADDAG0CCAI42WKH

La scossa aveva stordito il poco avveduto inventore, o poco inventivo avventore (fate un po’ voi) mentre aveva fornito alla macchina meccanica senz’anima l’energia necessaria e sufficiente per decidersi a funzionare, dopo quasi un mese di sfibranti inutili tentativi.

Ma, non trovando seduta al seggiolino una massa umana pronta a farsi avvolgere nella bolla temporale, la màchina aveva esagerato, ed aveva preso un’iniziativa probabilmente per essa logicissima, producendo un bollone temporale che, per allargamenti successivi, aveva inglobato lo stabile intero.

Al risveglio di Aristodemo, provocato dal sonoro frenetico bussare di decine di inviperiti vicini di casa qualche minuto più tardi, costui aveva istintivamente distrutto il delicatissimo apparato (che, maledizione della sorte, aveva funzionato anche troppo bene ma ad assoluta insaputa del suo creatore) riducendolo in minutissimi frammenti che si erano confusi col fertile humus del pavimento della sua soffitta-monolocale.

 Ora, magari a qualcuno non era chiaro, ma mentre si dipanava la scena della concitata ridda di accuse contro Aristodemo nessuno, e dicesi NESSUNO, sapeva o aveva capito che l’intero palazzo era stato trasferito al 16 luglio 2079.

pkdickI più si lamentavano degli effetti collaterali del velocissimo viaggio nel tempo: chi del fatto che si stava godendo una versione olografica e anche abbastanza oleografica di un vecchio film giapponese e il feroce sauroide protagonista della pellicola gli si era cristallizzato, per fortuna immobile, in mezzo al tinello; chi degli inquietanti effetti di sfasamento percettivo che avevano accompagnato il viaggio nel tempo; chi ancora delle reazioni terrorizzate degli animali domestici; a quasi tutti dava un po’ fastidio essersi persi una notte di sonno, ma non era poi molto diverso che andare in shuttle a Chicago, cosa che alcuni avevano fatto davvero almeno una volta e quasi tutti immaginato più volte.

L’urlo disperato della moglie dell’avvocato, viceversa, rifrangendosi acusticamente lungo le scale e scomponendosi in onde armoniche di apertura sinfonica, aveva sottratto l’intero condominio dai propri rituali di rimozione collettiva.

Correre. Accertarsi. Controllare. Là fuori, corpo di mille balene, stava succedendo qualcosa.

Ma cosa?

Flameonair's Blog

Un blog di parole, sogni, emozioni, suggestioni

La giraffa

tutto può accadere, l'importante è ricordare chi sei

Briciolanellatte Weblog

Navigare con attenzione, il Blog si sbriciola facilmente

farefuorilamedusa

romanzo a puntate di Ben Apfel

www.paolonori.it/

Just another WordPress.com site

TESTUGGINI

Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

Un roseto in via Cerreto

Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

Il Blog di Beppe Grillo

Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

Annamaria - liberi pensieri

Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

TerryMondo

Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

Rossi Orizzonti

...e navigando con le vele tese io sempre cercherò il mio orizzont

Franz-blog.it

(diario di un esule)