Prima di tutto celebriamolo con una delle sue canzoni più belle e meno famose, come capita spesso alle canzoni degli artisti di successo. Di quelle canzoni dove sembra di stare all’Avana, che per chi c’è stato e/o ha molta immaginazione è mezza Napoli e mezza Manhattan; dove la musicalità del napoletano rende del tutto irrilevante il contenuto del testo, come quando ascolti il canto dell’usignolo e solo se sei l’etologo Corrado Lorenzi ti poni il quesito se la melodiosa bestiola cerca una compagna, delimita il territorio o comunica le quotazioni di borsa; dove ti scappa di chiederti se è più Napoli che ha bisogno dell’Italia o l’Italia che ha bisogno di Napoli.
Poi evitiamo di fare pallosissimi excursus sulla sua luminosa carriera che sanno tanto di coccodrillo scritto e (una volta) messo in un cassetto e (oggi) archiviato nella directory “Rettilismi assortiti”.
Chiediamoci magari con umana compassione, visto che nessuno lo fa come per paura di cadere nel gossip spicciolo, come e perché un infartuato che si trova in vacanza in Maremma (mai maiala quanto in questa occasione) venga trasportato fino a Roma rimandando indietro l’ambulanza prontamente accorsa per portarlo a Grosseto od Orbetello. Ma chiediamocelo solamente, e stiamoci un attimo male.
‘A terra te sia liêve.
Da questa mattina Facebook e, immagino, Twitter, è un mare su cui galleggiano migliaia di coccodrilli. Credo che la maggior parte siano sinceri, ma sono certa che tanti appartengano a quella patologia che va sotto il nome di necrofama, patologia che diventa virulenta ogni qual volta accade che uno o una famosa interrompano il loro giro di giostra. A prescindere che ti siano piaciuti, il famoso o la famosa, a prescindere che tu ( non tu, Luca, il mio tu è assolutamente impersonale) abbia mai ascoltato un loro disco, sia mai andato a un loro concerto, abbia mai visto un loro film, abbia mai letto un loro libro, non sappia perché abbiano vinto il Nobel o in quale squadra di calcio giocassero. In genere, questa patologia, si associa ad un’altra, che va sotto il nome di microfama: “io lo conoscevo”, “eravamo amici”, ecc.ecc.
Un altro fenomeno, in questi casi, è precipitarsi a lasciare la propria traccia (la propria pisciatina, mi verrebbe da dire), scrivendo robe tipo “era meglio che moriva Pinco Pallo”. Che come patologia io la chiamerei stupida disumanità. Per fare un esempio, oggi, il sostituto che la signora in nero avrebbe dovuto scegliere è Gigi D’Alessio.
E comunque mi è piaciuto quello che hai scritto, non c’è enfasi, e nessun pathos, c’è solo umanità. Io conoscevo solo di striscio le canzoni di Pino Daniele, non sono mai stata una sua fan, mi dispiace che sia morto un uomo ancora giovane, ma certo non è, quello che provo, il dolore che ho sentito per D’Andrè e anche per Dalla, giusto per rimanere nel campo musicale.
Scusa il lungo commento, ma è da questa mattina che mi giravano dentro queste parole: ma se le avessi scritte su FB, sai quanti si sarebbero sentiti offesi?
Un abbraccio, caro Luca.
P.S.: io credo che sia l’Italia ad aver bisogno di Napoli, alla faccia di tutti i legisti.
Esatto!
Quale sintesi!