Parma capitale?
È vietato scandalizzarsi. È vietato usare le armi di una sarcastica irritazione.
È vero: Parma è in sostanziale decadenza, ma come praticamente tutte le Grandi Città Italiane. È sporca, degradata, meta di una migrazione fuori controllo, discretamente spietata verso chi resta indietro, innamorata del Dio Denaro e dell’apparenza, con pretese di europeismo ma nella realtà tendente ad un provincialismo autoreferenziale.
Negli ultimi 30 anni è periodicamente salita agli onori della cronaca per episodi violentemente criminosi, tanto da indurre Michele Smargiassi di Repubblica a etichettarla sbrigativamente (nell’annus horribilis 2006) “l’Aspromonte del nord”.
Ha conosciuto il crack forse più clamoroso dell’intera storia industriale italiana; ha subito senza accorgersi di nulla un’amministrazione comunale che prometteva metropolitane, espansioni urbane, e quando si è liquefatta sotto il peso delle denunce e degli arresti ha lasciato in graziosa eredità 4.338 euro di debito per ogni cittadino residente; ha visto implodere la squadra cittadina dai trionfi europei alla Quarta Categoria; tre mesi fa “Striscia la notizia” ha mostrato Piazzale della Pace by night regno incontrastato degli spacciatori (e per gli amici non parmigiani non si tratta di periferia degradata, siamo a due passi dalla bellissima piazza del Comune e dal Duomo). Last but not least, ha visto spendere danaro pubblico in incubi architettonici come il restyling di Piazza Ghiaia e l’imbarazzante Ponte Nord che sembra uscito dalla fantasia di un Salvador Dalì in acido.
Ebbene, Parma è anche questo ma non solo questo. In un succinto “stato” su facebook, nel compiacermi di questo riconoscimento, lasciavo intuire che mi sembrava fortunoso e non pienamente meritato. Poi ho letto che il suddetto riconoscimento è giunto all’unanimità, non per un incollatura o un goal in fuorigioco a tempo scaduto.
E allora mi sono detto che è un destino di questa città, dentro o intorno alla quale (Medesano, Langhirano, Fidenza) ho vissuto due terzi della mia pittoresca vita, di far innamorare il visitatore esterno e di far perdere la pazienza agli indigeni. Ma forse è il destino di molte altre città che conosco molto meno bene. Non essendo indigeno, al massimo indigente ma anche indulgente, continuo ad oscillare fra questi due stati d’animo. E mi piace ricordare quanta bellezza, quanta intelligenza e quanta storia ha prodotto questa benedetta città, da Arturo Toscanini ad Attilio Bertolucci e famiglia, da Giuseppe Verdi a Giovannino Guareschi, da Bruno Mora a Vittorio Adorni, dal primo Bevilacqua a Paolo Nori, da Giorgio Olivieri ad Andrea Menozzi, e poi tuffiamoci nel passato verso Bodoni, il Correggio, il Parmigianino, Fra’ Salimbene,