Ahi serva Italia di dolore ostello.
E capirai che una sera o una stagione
Son come lampi, luci accese e dopo spente.
Francesco Guccini, La canzone della bambina portoghese.
Anche il governo Lega – 5 Stelle, che sulla carta gode della fiduciosa attesa di 16 milioni di elettori o, direbbero loro, “di un italiano su 2”, si è spento subito e in modo irreversibile alle soglie del giuramento. Formalmente, per una non disponibilità al compromesso di entrambe le parti contraenti (Quirinale e potenziale maggioranza parlamentare) sullo scandaloso nome di Paolo Savona. Nella sostanza, per una inconciliabile incompatibilità fra il contesto politico bizantino ed incartapecorito che Mattarella rappresenta, e un “nuovo che avanza” intollerante ed ipersemplificatorio. Difficile decidere dove stia il meglio e il peggio.
Però non si può negare che Mattarella abbia dato largo credito alla strana coppia, abbia sopportato con apparente pazienza i loro continui rinvii, abbia fatto finta di non accorgersi della profonda irritualità del loro modo di procedere e della sostanziale mancanza di rispetto che destinavano non tanto a lui come persona (avrebbero avuto la medesima improntitudine con un Cossiga?) ma al ruolo che, esplicitamente, la Costituzione riconosce al suo ruolo istituzionale. La mia impressione è che Mattarella abbia superato mille perplessità in nome del rispetto per l’elettorato, che ha espresso una disperata necessità di cambiamento, quasi di “azzeramento” di una politica che è solo far carriera (e aiutare il finale di carriera dei papà).
L’atteggiamento dell’ircocervo gialloverde, viceversa, oscillava tra un drastico “Scansati, pirla!” e una melliflua riedizione del “Maestà, vi porto l’Italia di Vittorio Veneto”. E, torno a dire, spiace vedere che due movimenti post-partitici che un anno e mezzo fa avevano urlato che la costituzione non si toccava oggi dimostrino di non averne la minima contezza. O volevano solo fare un dispettone a Renzi?
E mo’, Moplen, avrebbe chiosato il grande Gino Bramieri. Mattarella, dopo un goffo discorso in cui esplicita un sospetto che tutti avevano (ma riconosciamogli l’onestà intellettuale), cioè che qualunque governo italiano deve rassicurare l’Europa e gli investitori esteri, annuncia in stile preside vecchia maniera “Nelle prossime ore assumerò un’iniziativa”. Che si è rivelata un incarico di governo a una sorta di commissario straordinario (ruolo previsto per le amministrazioni locali ma abbastanza atipico per il governo nazionale), Carlo Cottarelli esperto di spending review, cioè banalizzando molto quel processo di filtro della spesa pubblica che di solito lascia inalterate le spese militari e i benefici dei parlamentari schiaffeggiando istruzione, sanità e welfare.
Di Maio, spalleggiato scaltramente dalla Meloni, ha invocato l’impeachment (o impescamento, all’italiana) dando la mazzata finale a qualsivoglia possibilità di intesa con Mattarella e aizzando le sue squadre telematiche a ogni sorta di ingiuria contro quest’ultimo.
Cottarelli, allo stato attuale, potrà avere i voti di parte del Pd (talmente simile alla vecchia Dc, però, che le correnti confliggenti producono burrasche costanti), forse di Leu e quasi sicuramente di Più Europa (eh sì, ne gh’n’è miga a basta, chioserebbe il giornalaio di Piazzale Santa Croce) e non so di chi altro.
Poi, elezioni forse già a fine agosto, con ulteriore crescita della Lega largamente prevista e un tasso aumentato di ingovernabilità. Ma davvero non si poteva scendere a qualche ragionevole compromesso per cominciare a governare? No, eh?
Votare a giugno?
La Casaleggio Associati si è infilata in un grottesco cul de sac ipotizzando il voto a giugno.
1. Prima di tutto, l’ipotesi di andare ad un voto super anticipato, diciamo 4 anni e 8-9 mesi prima del previsto, dovrebbe essere un’extrema ratio, e invece la Casaleggio Associati, per bocca del suo impeccabile portavoce Luigi Di Maio, ne fa un’esigenza prioritaria.
Ora, sui costi delle ultime elezioni non abbiamo ancora dati, ma quelle del 2013 sono costate circa 389 milioni di euro, cioè 753 miliardi e 209 milioni traducendo in lire, operazione che ogni tanto mentalmente faccio e mi aiuta ad una doverosa parsimonia.
6 euro per ogni italiano neonati ed evasori compresi, si potrebbe dire.
Lo 0,02 per cento del PIL, se si vuole minimizzare. Tsè, pfui, tsk, irrilevante… Ma sempre 389 milioni di euro restano. Fate voi. È morale spenderli di nuovo dopo tre mesi? Oh, Casaleggio Associati, dico a voi.
2. Far dire al buon Di Maio che quello di giugno sarebbe una specie di “ballottaggio” è un vile attentato alla sua immagine pubblica, a meno che non sia in atto una sorta di competizione con Salvini a chi sparla meglio (tarando opportunamente le dichiarazioni rilasciate da quest’ultimo durante le sue reiterate scorribande a Vinitaly, oppure al contrario mettendole in evidenza per la serie “in vino veritas” o, in termini più psicodinamici, “il Super-Io è solubile in alcool”). Nessuna legge dello Stato prevede un simile scenario. In aggiunta, dallo scioglimento delle Camere, devono passare almeno due mesi per permettere le complicatissime operazioni del voto all’estero. A luglio ed agosto non si è mai, giustamente, votato.
Casaleggio Associati, so che cambiate programmi (e rinnegate a volte anche le scelte dei candidati via web) con enorme facilità, ma forse le leggi dello Stato di cui sopra per essere modificate richiedono un dibattito parlamentare con un governo già insediato. Secondo me, almeno…
3. Tornare alle urne con il Rosatellum riveduto e corretto, che è in vigore, produrrebbe un risultato quasi matematicamente molto simile a quello che abbiamo di fronte. A meno che si smetta di applicare ad un sistema proporzionale, in modo non so se superficiale o denunziante grande mala fede, una logica da maggioritario puro o, nei casi più eclatanti, da campionato di calcio. Ma escludo che succeda. E dopo di che? Veh, Casaleggio Associati, sempre con voi ce l’ho…
4. Molto meno scandaloso sarebbe formare un governo transitorio ma operativo per approvare una legge elettorale più funzionale. Auspico che succeda ma ci credo poco. Altrimenti si vota nel 2023 perchè lo dico io.