Non la Parma Voladora, ma il Baganza in libera uscita.
Per il vulcanico Alberto Padovani, che sta ai ManìnBlù come Fabrizio Tavernelli stava agli AFA, la Parma Voladora è una trasparente metafora della rivoluzione, o quanto meno della ribellione o almeno della resistenza, che si tratti di ribellarsi/resistere/rivoltarsi contro le squadracce fasciste di Italo Balbo o prendere a pentolate un’amministrazione comunale imbarazzante e impresentabile 90 anni dopo.
Di fatto, anzi, la clip che accompagna la canzone è girata in parte sulle sponde di una Parma in permesso sindacale, suta c’me na bresca (preferisco NON spiegare ai non parmigiani cos’è una bresca, come è meglio non spiegare ai non romani cos’è la pajata, se piace piace se non piace Piacenza) come a indicare che non è di una calamità naturale che si sta parlando, ma di un’onda di piena umana.
L’altro ieri invece, per la prima volta da non so quanti anni, la Parma Voladora non era una metafora, la massa travolgente d’acqua che vien giù dalla Casarola dei Bertolucci mugghiava, ribolliva, saltabeccava e dove trovava impervietà del fondale sollevava la testa in onde similmarine, come a salutare la folla che, appoggiata ai ponti, si godeva lo spettacolo orrido e bellissimo insieme.
Perchè qui in città nessuno ha paura della Parma. Sì, si fa finta pet farla contenta, perchè alla fine quanti sentimenti si fingono per carità, opportunismo o quieto vivere? Ma sono diversi decenni che nessuno è realmente spaventato.
Sappiamo che ogni tanto, un anno sì e diversi no, lei fa le sue scene da prima donna ma poi gli argini tengono,la famosa cassa d’espansione (che tutti nominano ma quasi nessuno saprebbe spiegare in modo esatto e comprensibile che diavolo è) fa il suo dovere qualunque esso sia, e la città si rilassa.
Eh, dunque sì, sì sì lo so, non suggerisca… dicesi cassa d’espansione una tipica espressione dialettale valtellinese, nononò, un mobile veneziano, anzi adesso momentaneamente mi sovviene… ecco… non lo so!!!!!!
Invece il Baganza, quello proprio non l’ha in nota nessuno. Più che attraversare e suddividere la città come fa con perfetta deontologia idrica la Parma, la costeggia stancamente per poi confluire nel nostro torrente onomastico, sembra proprio che faccia il compitino perchè gliel’ha detto la maestra ma, come dire?, senza troppa convinzione.
Ma l’altro ieri il Baganza, mentre nessuno badava a lui, preparava la sua cinica terribile vendetta. Come uno scimpanzé nei confronti di un babbuino, mentre la Parma raccoglieva quello che trovava limitandosi a portarlo in giro, ha fatto vedere di saper fare uso di strumenti.
Trovato sulle sue sponde un container abbandonato l’ha amorevolmente raccolto sussurrandogli “Rischiavi di diventare uno squallido rifugio per barboni avvinazzati e invece io farò di te un eroe. Abbandonati e fidati di me.”.
Portato in braccio dalla corrente, il contenitore metallico si è abbattuto sul ponte pedonale della Navetta. Poteva sradicarlo e proseguire la sua corsa, invece container e ponte hanno
pareggiato e il container un po’ ammaccato è rimasto avvolto in un laocoontico abbraccio con le macerie del ponticello, autorizzando gentilmente il torrentello appenninico ad una libera uscita fuori ordinanza.
Abituato a stare sempre nel suo àlveo, il Baganza in libera uscita ha trovato molto bello e comodo il quartiere Montanara, ordinato, geometrico, pulito, tranquillo dopo un passato ormai lontano di zona a rischio, ideale per farsi una bella “vasca” e studiare un po’ più da vicino questi famosi e tanto celebrati parmigiani. Che invece si sono dimostrati molto meno cordiali, accoglienti e ospitali di quanto si vociferi, dicendogliene di ogni (quel che non gli han detto se l’erano scordato).
Offeso, deluso, amareggiato il Baganza è lentamente rifluito nei tombini comunali lasciando un prezioso humus di fanghiglia e detriti anch’esso poco apprezzato dai residenti.