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Fernando Pessoa ha del tempo da perdere

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Fernando Pessoa si fermò a guardare l’Atlantico, deliziandosi della meravigliosa inutilità di quella occupazione.

fernando_pessoaPoi si tolse gli occhiali e allora restò solo il minaccioso rimbombare della risacca e l’acuto odore di salsedine. Senza le sue spessissime lenti, il mondo era un magmatico marasmatico caleidoscopio chiaroscurale di forme indistinte sulle quali poteva a suo agio sovrapporre l’assoluto nitore delle sue visioni interiori.Fernando_Pessoa_II_by_nuvem

Camminando sulla sabbia umida cercò di decidere quale delle sue identità potesse essere valida in quel momento: e decise che per alcuni minuti sarebbe rimasto, per la prima volta nella sua vita, sospeso in una non-identità. Poi più semplicemente ebbe voglia di annullarsi in quello strano vento, e negli schizzi che cominciavano a raggiungerlo, e confusamente capì che la sua maniacale ricerca di mille identità frammentate era il vero problema di tutta la sua vita.

pessoaSi cercò nelle tasche, accidenti voleva scrivere. Ma per fortuna non trovò nulla di adatto, e allora si accovacciò e scrisse qualcosa sulla sabbia. Ma lo cancellò col piede, con una punta di raccapriccio, quando si rese conto che stava scrivendo un nome che cercava disperatamente di dimenticare.

Si rimise affannosamente gli occhiali. Aveva bisogno di recuperare il controllo visuale e razionale perché le emozioni per un istante lo avevano travolto.fernando-pessoa

E quando si emozionava, Fernando Pessoa diventava ridicolo. Sentiva che le sue goffe mal controllate emozioni erano pronte a diventare oggetto di scherno per degli estranei (e questo era imbarazzante ma sopportabile) o per la persona stessa che le aveva suscitate (e questo NON era sopportabile). Meglio di no.

fernando-pessoa2Cercò nel blu quasi plumbeo dell’Atlantico le sfumature smeraldine di un altro oceano, ma ovviamente non le trovò. Allora cercò di immaginare nella mente la sconfinata massa liquida che aveva di fronte. Come spesso riusciva a fare, eliminò dalla mente qualunque nozione storico-geografica e guardò l’Oceano con l’occhio meravigliato di un selvaggio che non aveva fino a quel momento visto nulla di più terribile della piena invernale di un torrente di montagna.

Immaginò confusamente mostri inenarrabili, terrificanti tempeste, temporali in cui mare e cielo si scambiavano la medesima tonalità di grigio e si accartocciavano l’uno sull’altro.retratofernandopessoa_almadanegreiros

Percepì in quella immensità la dolce e disperata deriva della sua vita, la predestinazione alla solitudine, e maledisse la triste necessità di doversi quotidianamente confrontare con altri Pessoa che attraversavano la vita con la sua medesima contorta obliquità.

fernando-pessoaNon erano le persone da lui diverse che lo irritavano; erano coloro (e Dio sa quanti ce n’erano) che gli somigliavano nel loro percorrere un cammino di consapevole ed orgogliosa inutilità. In casa aveva frantumato tutti gli specchi, ma per ogni specchio frantumato altri cento se ne presentavano.

Fernando Pessoa si alzò, e con andatura leggermente zoppicante tornò alla sua vita segreta e ineffabile. L’oceano cancellò in pochi  minuti coscienziosamente le sue impronte.

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Le visioni di Fernando Pessoa.

Fernando Pessoa gestiva con uguale attenzione la fine della settimana e la fine del continente che si arrestava spaventato davanti all’Atlantico. Era simultaneamente affascinato ed orripilato da tutto quanto ci fosse di marginale e periferico nella sua vita. Dal fatto che nulla riusciva a durare abbastanza da consolidarsi, e così strane stanche astratte bolle di putrido nulla decoravano con austero decoro gli interstizi della sua esistenza.

Immaginava un non lontano futuro in cui ogni uomo avrebbe avuto accesso in tempo reale a tutti i suoni, le immagini e le informazioni in quel momento disponibili, ed intuì che allora nulla avrebbe potuto mai più contenere la marea montante dello spleen, del tedium vitae, della sfiga.

Immaginava un non lontano futuro in cui le idee e le opinioni, e Dio non volesse perfino i fatti, sarebbero stati messi in vendita al miglior offerente, e allora forse qualcuno avrebbe smesso di inseguire il proteiforme illusorio mito della Verità.

Immaginava un non lontano futuro in cui si sarebbe riusciti ad individuare nelle infinità del Cosmo pianeti enormi ed immaginarli pullulanti di vita, ma intuì che questo avrebbe fatto sentire l’uomo acora più solo.

Immaginava un non lontano futuro in cui la Terra sarebbe sembrata così piccola da poter stare nella mano di ciascuno dei suoi figli, ma questo non avrebbe fermato le guerre, le violenze e le sopraffazioni, le avrebbe semmai rese più fattibili e più evidenti, finché chiunque si sarebbe abituato.

Si addormentò sulla sabbia umida e sognò di sognare la sua vita: ma era un sogno maledetto perché in ogni secondo sapeva che quella realtà sarebbe finita e sarebbe tornata l’illusione della vita.

Si risvegliò molte ore dopo senza saper nè voler decidere se dell’umidore che velava i suoi calzoni fosse responsabile l’oceano o un principio di incontinenza.

Per fortuna aveva scordato le sue visioni. Inseguendo i rimasugli di una poesia che non ricordava più se aveva già scritto o doveva urgentemente scrivere, dolorosamente ricordò la strada di casa.

Sigla di coda

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Se si ritorna significa quanto meno (a) che si hanno ancora gli strumenti dinamici per trasmigrare da un punto all’altro e (b) che si possiede ancora una mappa. Ma pensandoci meglio il punto (b) può essere omesso, delle volte si ritorna per puro caso e, dopo aver detto “Ma dài…” si decide di trattenersi. Quanto a lungo non si sa.

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