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Ho trovato una certa somiglianza fra queste due sitazioni.

“Hey, fellas… Watch over here… Joe Conte, the guy from Italian Parliament…”.
Ma taci un po’ (feat. Diego Baruffini)
Inarrestabili quei tuoi discorsi, gli psicofarmaci mi buttano giù
Inderogabili certi argomenti, ma me ne vado e suono il blues
Pieno di pillole comprendo il nesso, impercettibile alla massa, ai più
Resisto impavido ma non accetto, ed impassibile mi faccio un drink
Ma taci un po’ (taci, taci un po’)
Ma taci un po’ (o vai al nord)
E suona in Do
Quei barbiturici non fanno effetto, e la tua droga non mi basta più
Rimango preda della dialettica; puoi torturarmici fino alle tre
Ma taci un po’ (taci, taci un po’)
Ma taci un po’ (o vai al nord)
E suona in Do
Inappagabile ti cerchi un varco, ma non è facile, affari miei
Ineguagliabile la tua insistenza, su rifugiamoci in un piano bar
Ma taci un po’ (taci, taci un po’)
Ma taci un po’ (o vai al nord)
E suona in Do
Il microcefalo è quel che cerchi, non è un ostacolo, l’ingenuità
Rimane afono ad occhi aperti, puoi trapanartelo ancor più giù
Ma taci un po’ (taci, taci un po’)
Ma taci un po’ (o vai al nord)
E suona in Do
Mi trovo un alibi e di soppiatto, io giro l’angolo e scappo via
Tu urli e strepiti ma non aspetto, ti viene l’ulcera, malinconia !!
Ma taci un po’ (taci, taci un po’)
Ma taci un po’ (o vai al nord)
E suona in Do
Come sempre i grovigli fra pensieri e parole rendono difficili i commenti e le descrizioni. Qui non c’entra nè Mogol nè la psicoanalisi: non è che i pensieri fatichino a tradursi in parole perché sono vergognosi e/o fonti di sofferenza e/o inconfessabili.
A vergognarsi dovrebbero essere la quasi totalità di coloro che vendono sè stessi per ottenere il voto, e la trasformazione dei candidati in prodotti è ormai inarrestabile. Chi ha un’antica vocazione a calcare i palcoscenici almeno si vende in modo divertente e intrigante, e tanto basta per farne il meno disgustoso del lotto.
Nè c’è sofferenza nei pensieri, se mai noia tedio schifo imbarazzo, sensazioni distoniche ma insomma, la sofferenza è tutt’altra cosa.
Tanto meno questi pensieri sono inconfessabili: anzi verrebbe voglia di confessarli ed esprimerli tutti in modo completo ed esauriente, e chi se ne frega se si fa la figura delle comari di S. Ilario che limitano le proprie contromisure all’invettiva.
Il fatto è che il pensiero agisce in parallelo, registra tesaurizza e metabolizza di tutto di più, e quando si tratta di riproporre il tutto nelle seccanti strettoie del linguaggio, che se non sei Demetrio Stratos può esprimere un suono e una parola alla volta, veramente non si sa da dove cominciare. Mille parole si formano e si annullano in un brodo primordiale paralinguistico e si rischia, alla Paolo Villaggio, il fonema puro.
E allora l’invito che il valente bluesman parmigiano Diego Baruffini rivolge ai parolai di turno (la cui mamma, come si sa, è perennemente incinta) lo giro a tutti coloro che della parola fanno scempio, strame, spazzatura, marmellata, cascame, scoria, materia in forma emolla,
E forse anche a me stesso. Che però mi guarderò bene dall’ascoltarlo.