No man’s land.

Chi abita in campagna, o in certe periferie non troppo cementificate, percepisce i segni dei cambiamenti di stagione dai messaggi che la Natura gli lancia, perché non è poi del tutto vero che la Natura sia quella incoercibile “matrigna” di cui parlava Leopardi, forse offeso per essere stato da lei trattato non benissimo.

A suo tempo mi è stato spiegato che quasi tutte le statue del Grande Recanatese sono costruite sulla sua “maschera mortuaria”, il calco che due secoli fa era d’uso fare sul viso dei freschi estinti di una certa rinomanza. E’ un po’ difficile che quel calco rendesse giustizia a com’eri fino a prima di ammalarti.1267092320707_01-300x199

“Io non ti veggio più” erano state le sue parole all’amico Antonio Ranieri, suo ospite e mecenate (e qualche impertinente sostiene anche amante, magari solo platonico). La Storia non ci tramanda frasi ad effetto, ma queste semplici parole che però nella loro semplicità commuovono e ci fanno capire come la morte sia quella “livella” di cui parlava il grande Totò. Fine della divagazione.

berna-300x225Chi non abita in campagna, a volte vede dei segnali artificiali che surrogano i ludici inseguimenti delle nutrie sul greto del torrente, o le lezioni di nuoto di Mamma Anatra alla sua covata, o le gemme verdi che si aprono e lasciano con intollerabile lentezza emergere le nuove foglie.

Ieri pomeriggio in Piazzale Picelli abbiamo visto in tanti la pista di pattinaggio completamente smontata, e il busto di Guido Picelli (colui che aveva guidato i rivoltosi dell’Oltretorrente nella più straordinaria vittoria contro le squadracce fasciste di Italo Balbo, che aveva trasvolato l’Atlantico da temerario ma “ne gh’l’eva miga cavéda” ad attraversare Ponte di Mezzo e varcare la Parma) libero da schermi e ostacoli, che poteva ancora guardare al quartiere, sospettando che neanche la nuova amministrazione che gli sembrava molto di sinistra non gli volesse più bene di quella guidata da Ubaldi e Vignali.Finalmente-girata-la-statua-di-Picelli-002

Lo smontaggio della pista di pattinaggio, unito all’estromissione del vin brulè dalle proposte gastronomiche dei bar, segna in modo inequivocabile la fine dell’inverno. Non è ancora primavera ma non è più inverno, c’è qualche pioggerellina di mezza stagione insieme alle prime frazioni di giornate luminose e serene, quando dal Ponte di Mezzo non ci sono gli Arditi di Balbo che cercano di fare un culo così alla “teppaglia rossa”, ma lo spettacolo mozzafiato delle Alpi visibilissime verso Nord e dell’Appennino che a Sud sembra subito a ridosso della città.

foto-2-300x224Ma le nuvole ti guardano ancora da lontano, e anche dopo le mattine terse e diafane riavvolgono la città per farle ricordare la sua immane distanza dalle stelle. Ti guardano severe e impersonali, ma alcune hanno delle forme veramente belle, specie quando non formano una cappa plumbea e indistinta senza contorni.

Ci si trova in una confortevole imprecisa terra di nessuno, o no man’s land che anglicizzar si voglia, e magari qualcuno (ogni giorno qualcuno in più) pensa che anche la sua vita è in una no man’s land, e magari anche l’Italia è in una no man’s land che non è più Europa ma non è ancora Africa e certamente non è mai stata America, pur con qualche goffo tentativo.invasione

Gli addetti ai lavori portano via alla spicciolata le transenne e i pezzi di tavolato che stavano sotto il ghiaccio artificiale (anche l’ultimo degli addetti ai lavori a casa ha qualcuno che l’aspetta). Si contano gli esercizi commerciali circostanti al piazzale che non sono sopravvissuti all’inverno (La Gabbia e il bar Gianni cambiano gestione, forse ragione sociale e certamente la loro logica di interfacciarsi col quartiere come punti di aggregazione prima che esercizi commerciali, il dialetto retrocederà da lingua ufficiale a codice segreto per pochi eletti ma solo i reazionari se ne potranno lamentare ad alta voce e con tono polemico).

L’Oltretorrente si stiracchia, guarda un po’ preoccupato la Parma ipertrofica ma ancora ben sotto gli argini (da quella parte le case sono a ridosso dell’acqua, non c’è tutta la strada in mezzo) e si prepara a una nuova primavera.

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2 Risposte

  1. Grande prosa, di un osservatore attento, disincantato, eppure capace di percepire e rendere l’incanto, quello lento e austero del passare delle stagioni, temporali e umane.

  2. Disincanto interiore ed incanto esteriore (da ricercarsi nei prodotti di Zia Natura, chiamiamola così, forse Madre è troppo ma Matrigna è troppo poco, non certo nei prodotti dell’Homo Insipiens) sono difficili da coniugare ma, insomma, ci si può riuscire. O almeno sportivamente provare.

    Per il Vaticano forse è già primavera. Per lo Stato che tutto lo circonda e lo ingloba, è ancora da vedersi. E per ora mi astengo da post che sarebbero fatalmente interlocutori e smentibili magari nel momento stesso in cui li scrivo. E magari mi riposo e faccio riposare i miei pochi lettori (i famosi cinque di manzoniana memoria, che per lui era un vezzo e per me è una realtà forse per eccesso).

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